CISGIORDANIA/ “Annessione pronta, Netanyahu può usare 1 milione di profughi per far saltare la Giordania”

L’annessione della Cisgiordania da parte di Israele porterebbe un milione di sfollati in Giordania aumentando l’instabilità in Medio Oriente
Il Medio Oriente è a una svolta. L’ormai imminente annessione, totale o parziale che sia, della Cisgiordania da parte di Israele è solo l’ultimo atto di una situazione che rischia di destabilizzare tutto il Medio Oriente. Non per niente proprio dall’Arabia Saudita arriva un monito a Israele di non oltrepassare la linea rossa dell’annessione della West Bank.
Mentre in Giordania, osserva Filippo Landi, già corrispondente RAI a Gerusalemme e inviato Esteri del TG1, si teme che Netanyahu spinga verso Amman un milione di profughi giustificando la pulizia etnica della Cisgiordania con il fatto che molti di questi palestinesi hanno un passaporto giordano che risale ai tempi in cui il territorio da loro abitato attualmente apparteneva alla Giordania stessa. Una situazione, insomma, che è una vera e propria polveriera. Per capire quali sono le prospettive bisogna trovare la risposta a una domanda: fino a che punto gli USA sosterranno Israele?
L’Arabia Saudita avverte Israele che l’annessione della Cisgiordania è una linea rossa da non oltrepassare. Stavolta Netanyahu rischia una reazione da parte dei Paesi del Golfo?
L’idea di annettere tutta o parte della Cisgiordania è una richiesta che viene dai partiti della destra israeliana, ma appartiene anche a realtà fuori da Israele, in particolare a movimenti evangelici americani pro-israeliani. Il nuovo ambasciatore americano in Israele, Mike Huckabee, è un esponente di questi movimenti, e ha sostenuto ben prima del 7 Ottobre il diritto di Israele ad annettersi tutta la Palestina, quindi non solo Gaza, ma anche la Cisgiordania. Ora Netanyahu pensa che questo sia il momento storico più favorevole perché Israele compia questa annessione.
L’annessione della Cisgiordania è imminente?
Siamo alla vigilia di questo atto: tutti prendono molto sul serio la possibilità dell’annessione. I sauditi hanno mandato un messaggio a Israele per cercare di scrollarsi di dosso il sospetto che ci fosse un tacito via libera da parte dei Paesi arabi. È abbastanza chiaro, comunque, che l’annessione avverrà dopo la visita di Netanyahu da Trump prevista il 29 settembre. È una scelta a cui gli USA non si oppongono, anche se potrebbero cambiare le modalità di attuazione.
Come?
L’annessione della Cisgiordania potrebbe essere parziale ma comprendere un’area vasta, talmente vasta da impedire la nascita di qualsiasi Stato palestinese o ridurlo in prospettiva a uno staterello senza alcuna capacità di rappresentare i palestinesi dal punto di vista politico. Il riconoscimento della Palestina come Stato da parte di Regno Unito, Australia e Canada arriva dopo decenni in cui si è permesso a Israele di espandersi nei territori palestinesi attraverso le proprie colonie. Una situazione denunciata 20 anni fa dal console generale inglese come ebraizzazione di Gerusalemme e presupposto di un’espansione totale di Israele. Lo aveva scritto insieme ad altri consoli.
Qualcuno ha ascoltato queste parole?
Oggi la politica occidentale più che rendere possibile la nascita di uno Stato palestinese che avrebbe bisogno di strutture, di continuità territoriale, di una sostenibilità economica, cerca di salvare la faccia.
Trump potrebbe incontrare i Paesi arabi a margine dell’Assemblea generale dell’ONU. Ha paura che si oppongano ai piani di Israele mandando all’aria gli affari tra Golfo e USA?

La situazione è più complessa di così: non si fanno affari in una regione che si cerca di “incendiare”, dove l’Iran, per volontà degli Stati Uniti, dal 27 settembre verrà sottoposto di nuovo a sanzioni economiche, una regione che sconterà la pulizia etnica e il genocidio. Neppure gli affari possono andar bene in una situazione di questo tipo. Siamo nel momento di una grande svolta, di cui il tentativo di fomentare la guerra civile in Libano, contrapponendo esercito libanese ed Hezbollah, è un altro elemento. La domanda di fondo che emerge, però, è un’altra.
Quale?
Gli stati arabi vogliono sapere fino a che punto gli Stati Uniti intendono sostenere Israele. Se lo chiede, per esempio, la Giordania, preoccupata per il progetto di spingere nel Paese un milione di palestinesi della Cisgiordania, possessori del vecchio passaporto giordano che risale agli anni 60.
Da dove nasce questa idea per mascherare la pulizia etnica?
La Cisgiordania apparteneva alla Giordania fino al 1967, quando è stata occupata. I cittadini di Gerusalemme Est, di Nablus, che vivevano lì in quel periodo avevano passaporto giordano. Il timore è che Israele, appellandosi a questo, li spedisca in Giordania. Un’eventualità che preoccupa paradossalmente ancora di più del destino di un milione e mezzo di palestinesi di Gaza, per i quali l’ipotesi è il trasferimento in Libia.
Mohammad Bin Salman potrebbe non partecipare di persona al vertice, da lui stesso organizzato insieme alla Francia, per perorare la causa dello Stato di Palestina. Manderà un intervento registrato. Teme di esporsi troppo?
Da parte occidentale è in atto un tentativo di salvare la faccia per non dover riconoscere le carenze degli ultimi 20 anni, da parte araba si cerca di non essere coinvolti nella creazione di uno Stato palestinese di facciata, senza basi economiche e politiche. Il timore è che tra la pressione militare e politica israeliana, la possibile esplosione del problema profughi in Giordania e le proteste per il destino della gente di Gaza, in Medio Oriente prevalga su tutto l’instabilità politica.
L’incontro per rilanciare la teoria dei due Stati e l’assemblea Onu di questi giorni non sono altro che l’ennesimo tentativo dell’Occidente di lavarsi la coscienza o ne può uscire qualcosa di concreto?
Paradossalmente hanno un valore politico più per l’Occidente che per il Medio Oriente. Australia, Canada e Gran Bretagna hanno appoggiato militarmente Israele dal 7 Ottobre e nei decenni precedenti hanno taciuto sull’espansione delle colonie in Cisgiordania. Ora si percepisce che il problema non è più Hamas o il destino di Gaza, ma l’espansione dello Stato di Israele che nel 1948 si fermò prima del Giordano.
(Paolo Rossetti)
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